La storia di Lucia
Alcuni bambini possono mostrare una decisa resistenza, a volte un vero e proprio rifiuto a questo insieme di novità: è proprio il caso di Lucia, una adorabile bambina che a 4 mesi e mezzo avrebbe dovuto iniziare il suo divezzamento.
Racconterò le tappe di un percorso che dal netto rifiuto piano piano e con molta pazienza, ha portato Lucia ad accettare tranquillamente il cibo.
I primi approcci
Conobbi Lucia a 5 mesi in occasione del colloquio sull’ambientamento al nido dove io lavoravo.
Dal primo incontro, notai che Lucia scendeva difficilmente dalle braccia della madre e se veniva appoggiata a terra, protestava con un forte pianto: “sembrava un cucciolo di koala”. Rimasi comunque colpita dall’interesse e dalla vivacità con cui mi guardava.
Lucia era una bambina esile, molto vivace e curiosa. Osservava tutto ciò che si muoveva intorno a lei con grande attenzione. Quando sorrideva si potevano vedere i suoi due dentini: sembrava ne andasse fiera.
Il problema
Ero l’educatrice di riferimento e mi sarei occupata particolarmente di Lucia e della sua famiglia per tutto il periodo in cui la bambina sarebbe restata al nido.
Durante i colloqui con la famiglia, la mamma mi confidò, quasi subito, una difficoltà nel rapporto con Lucia.
Fin dalla nascita la bambina era stata allattata al seno, ma dopo aver succhiato il latte regolarmente lo rigurgitava in abbondanza. La stessa cosa ora succedeva con il latte artificiale che le veniva dato come aggiunta in quanto il latte materno era diventato insufficiente. Naturalmente questa difficoltà era stata ed era, forte motivo di ansia per la mamma.
Certamente ”l’abbondante rigurgito” era un segnale con il quale Lucia comunicava che qualcosa la disturbava. Il pediatra riteneva che non ci fosse nessun motivo fisiologico, anche perché il peso di Lucia rientrava nella norma.
Per superare il problema aveva consigliato di iniziare con il divezzamento e la mamma di Lucia aveva accolto favorevolmente la possibilità di passare ad un’alimentazione diversa. Ma di fatto non era mai riuscita, da più di un mese, ad inserire nessun cibo nuovo, perché la bambina aveva subito espresso netti rifiuti.
La delega
“Pensaci tu” mi disse un giorno la mamma molto scoraggiata “è tanto che provo, ma con me non ne vuol sapere di mangiare cose diverse dal latte”.
Era passato circa un mese e mezzo dall’ingresso di Lucia al nido.
L’ambientamento si andava pian piano consolidando e la mattina Lucia si mostrava, ormai, contenta di stare con gli altri bambini. Con me aveva instaurato una buona relazione affettiva: la mattina quando arrivava e mi trovava ad accoglierla, apriva le braccia con un sorriso. A volte, quando non ero ad accoglierla all’ingresso, mi cercava con lo sguardo e, appena mi vedeva, voleva venire in braccio per una “coccola”.
Gradualmente il rapporto con le persone del suo nucleo, bambini ed adulti, si era andato consolidando. Rimaneva però una eccessiva “diffidenza” verso gli tutti adulti non conosciuti, che casualmente entravano nell’ambiente. Il disagio si manifestava con pianti e sguardi preoccupati, tanto che noi le dicevamo: “Lucia, è scattato l’allarme?”.
Tentativi di divezzamento
Sempre più volentieri stava sul tappeto con gli altri bambini e osservava e interagiva con i giochi. Gattonando utilizzava lo spazio-tappeto come “punto di partenza” per permettersi esplorazioni nell’ambiente. Tutto scorreva “quasi” tranquillo e normale, fino al momento del pranzo.
Iniziai a fare i primi approcci al divezzamento, valutando la padronanza che Lucia aveva con l’ambiente e la buona relazione instaurata con me e con gli altri bambini.
Predisposi tutto accuratamente: il tavolino apparecchiato con la tovaglia e la seggiolina con i braccioli; un piattino per lei e un altro per me; due cucchiaini; il bicchiere e la piccola brocca.
E come prima volta decisi di prendere Lucia in braccio, seduta sulle mie ginocchia, ma vicino al tavolino e la seggiolina, che avrebbe poi utilizzato successivamente.
Era attenta alle novità, ma quando le avvicinai alla bocca il cucchiaino con la mela grattugiata, Lucia non gradì affatto e iniziò a piangere agitando braccia e gambe … tutto questo per un cucchiaino di assaggio!
Non avevo fretta ed ero tranquilla; sempre tranquillamente tornavo ogni giorno a proporre la frutta e al rifiuto, altrettanto serenamente, continuavo ad offrire il biberon di latte. Lei era contenta di prenderlo. Continuai così per quasi un mese.
Contemporaneamente a questa situazione, di apparente stallo, stava maturando però un grande cambiamento: Lucia dopo aver preso il latte non rigurgitava più, neanche a casa, e la mamma appariva più tranquilla e sollevata.
I progressi
Osservavo i progressi di Lucia al nido e nel rapporto con la madre: si mostrava più disponibile, aveva un atteggiamento più morbido e, soprattutto, tollerava di più la vicinanza di altri adulti non conosciuti.
Allora decisi di proporre, al posto della frutta, la pappa tradizionale composta da brodo vegetale e cereali; Lucia continuava con la protesta piangendo e facendo “no” con la testa.
Io proponevo e lei rifiutava e io, senza dare troppa importanza, tornavo a dare il biberon di latte.
Lucia ormai stava seduta bene e per il pranzo usava, anche lei, la sedia con i braccioli intorno ad un tavolo con altri 4 o 5 bambini. Io avevo cura di sedermi sempre accanto a lei, sul panchetto. La tavola era apparecchiata con un piattino, un cucchiaino e un piccolo bicchiere per ciascun bimbo. Nel piattino di Lucia mettevo sempre un po’ di cibo, nella speranza di vederla “trafficare” autonomamente, mentre io con un altro cucchiaino, facevo il tentativo di offrire la pappa. Ma il suo rifiuto era immediato e costante.
Presi coscienza che la bambina al tavolo non era serena. Lucia manifestava verso gli altri bambini due atteggiamenti contrapposti. Sul tappeto interagiva tranquillamente, mentre al momento del pranzo mostrava diffidenza, come se le potessero portar via qualcosa di suo e piangeva per ogni cosa venisse mossa sul tavolo. Tutto la disturbava, anche un’educatrice che versava dell’acqua ad un bambino.
La proposta
Pensai che per Lucia potesse essere più sereno il momento del pranzo seduta al tavolino da sola con me. Ma, soprattutto, ebbi l’intuizione di evitare qualsiasi movimento che potesse essere motivo di distrazione. Parlai con le colleghe e tutte contribuimmo a creare una situazione protetta … intorno a Lucia.
L’impegno è stato grande da parte di tutto il gruppo di educatrici organizzando questo rapporto individuale.
L’attenzione gradualmente ha dato i suoi frutti: passo dopo passo, giorno dopo giorno, il problema si “sciolse”.
Lucia stava seduta al tavolo, senza gli altri bambini, con me al suo fianco e con il suo piatto con poca pappa davanti e un cucchiaino per lei. In questa situazione di tranquillità stava incominciando ad accettare il cibo.
Inizialmente, si comportava come se il piatto non ci fosse: infatti non toccava nulla, mangiava tranquilla solo la pappa che io le davo con un altro cucchiaino prendendola dalla ciotola che io “gestivo”. Successivamente, iniziò a esplorare il piatto e a toccare il cibo con le mani; poco tempo dopo iniziò a prendere il cucchiaino e a portarlo alla bocca; il mio intervento consisteva nell’imboccarla senza intralciare le sue esperienze.
La conquista dell’autonomia si era avviata. La mamma era molto contenta dei progressi fatti da Lucia che ormai, a quasi 8 mesi, mangiava con piacere anche insieme agli altri bambini e faceva progressi portando il cucchiaino pieno di pappa alla bocca, aiutandosi con le mani. A 10 mesi prendeva da sola anche il bicchiere.
La frutta continuava ad essere un cibo non gradito…
Le mie considerazioni
Ci si può chiedere: è stato assecondato un capriccio continuando a darle il latte e facendola mangiare, poi, in un tavolino da sola?
L’evoluzione della storia fa pensare che le sue esigenze non fossero un capriccio; in quel momento le difficoltà di Lucia sono state interpretate come un bisogno profondo a cui dare risposte con molta tranquillità.
Lucia aveva espresso un disagio ed è stato importante interpretare la sua richiesta di aiuto senza colpevolizzare né lei né la madre.
Ripensando al suo percorso alcuni messaggi erano stati chiari. Aveva dimostrato una insofferenza anche verso i più piccoli cambiamenti; così era stato netto il rifiuto verso qualunque sconosciuto entrasse in quello che lei percepiva come il suo ambiente.
Il rifiuto di un nuovo cibo era, quindi, espressione di quello stesso disagio.
E’ stato assecondato il suo, in quel momento, esasperato bisogno di controllo. E’ stata offerta tanta serenità durante il pranzo non rimarcando il suo rifiuto.
Soprattutto le è stata data fiducia e tempo, tutto il tempo di cui aveva bisogno.
Certo per Lucia è stato sicuramente facilitante vivere insieme ad altri bambini, in una realtà che fosse rassicurante, ma anche dinamica. Per lei è stato anche importante non essere più l’unico centro dell’attenzione, come spesso avviene in casa, per i figli unici.
Quale potevano essere state le cause del suo atteggiamento? Tante, e tutte possibili. Forse all’inizio solo un piccolo disagio che si era poi complicato, strutturandosi in un rifiuto ad accettare le nuove situazioni.