Il tavolo della natura - I "rinforzi"
Non basta preparare l’ambiente.
Non è sufficiente preparare, nel nostro caso, un tavolo della natura interessante e funzionale.
Dopo il primo momento di entusiasmo, l’interesse può decadere, anche perché i bambini di oggi, distratti da tanti stimoli, sono portati a “dimenticare” rapidamente.
Soprattutto i primi tempi, e in particolare per una proposta nuova come può essere il tavolo della natura, è necessario avere “cura” di mantenere vivo l’interesse del gruppo affinché cresca, si rinforzi e “attecchisca” bene… e nel nostro caso, il paragone con una pianta mi sembra proprio adeguato!
Infatti, quando trapianti una piantina nel terreno è necessario curarla in modo particolare, regolare l’esposizione al sole, non lasciarla senza acqua… almeno fino a quando le sue radici non si attivano e incominciano a prendere possesso del terreno.
Anche con i bambini, quando si propone una nuova attività, serve aiutare lo sviluppo dell’interesse attraverso delle piccole strategie che chiamo “i rinforzi”. Nulla di eclatante, ma piccole attenzioni che diventano importanti anche perché, se ripetute con una certa sistematicità, diventano un “patrimonio” della classe.
Sono tre i rinforzi che uso con maggiore frequenza e regolarità.
Un nuovo arrivo
Quando il bambino porta a scuola qualcosa che secondo lui può essere messo sul tavolo della natura io lo accolgo con gioia e lo ringrazio con parole semplici.
Prendo fra le mani quello che ha portato, lo osserviamo insieme attentamente, poi decidiamo dove posarlo.
Quasi sempre, altri bambini si avvicinano incuriositi per vedere cosa ha portato il compagno e spontaneamente esprimono osservazioni e considerazioni. Spesso sono solo poche parole, ma io sono attenta a coglierle, a volte anche a “tradurle” per favorire altri interventi, altre osservazioni.
Sono occasioni preziose, anche se durano pochi minuti, in cui ho modo di rinforzare l’interesse e far emergere i loro “saperi” e convinzioni.
Questo “rinforzo” è diventato un piccolo rito che si svolge la mattina all’entrata oppure alle 11 (quando ho il turno di pomeriggio e arrivo a metà mattina); i bambini non mancano mai di mostrarmi quello che hanno portato per il piacere di condividere con me la loro soddisfazione e rendermi partecipe delle nuove scoperte: così il tavolo della natura prende sempre più vita e si fa laboratorio attivo da parte dei bambini.
Il circolo intorno al tappeto
Un altro modo per inserire dei “rinforzi” verso l’interesse nei confronti degli elementi naturali è quello di utilizzare il momento della conversazione intorno al tappeto; è l’occasione per portare l’attenzione di tutti i bambini, tranquillamente seduti in circolo sulle loro seggioline, su nuovi materiali che qualcuno di loro ha portato.
Facendo così riesco a coinvolgere tutti, anche i bimbi arrivati dopo o quelli che non si sono inizialmente interessati. Soprattutto spero di suscitare curiosità in quei bambini che sembrano essere “assenti” rispetto a ciò che avviene intorno a loro. In ogni gruppo c’è sempre qualche bambino che impiega più tempo ad uscire dal suo “bozzolo” per poi rivelarsi inaspettatamente ricco di tante capacità.
A volte introduco l’argomento molto direttamente con delle domande: “Ma vi siete accorti cosa c’è di nuovo? Avete visto cosa ha portato il vostro compagno?”
In questo modo l’attenzione si dirige verso il tavolo della natura e tutti si alzano dal tappeto, spinti finalmente dalla curiosità, per andare a vedere cosa c'è.
Immancabilmente, il giorno seguente, (dopo che ho coinvolto il gruppo nella conversazione intorno al tappeto) più di un bambino arriva a scuola con qualcosa da mettere sul tavolo della natura.
Ecco dimostrata l’efficacia di questo “rinforzo” a cui ricorro ogni qualvolta vedo che un nuovo arrivo non suscita la curiosità sperata o che l'interesse generale si affievolisce.
Mi sono resa conto che il parlarne insieme si rivela una vera e propria strategia che risulta sempre molto valida: sarà la circolarità delle osservazioni, per il fatto che i miei interventi alimentano spunti per parlare, oppure solo perché la situazione viene percepita come importante, quasi solenne.
L'elemento a sorpresa
Un altro modo per mantenere vivo l’interesse, è quello di inserire nel tavolo della natura un elemento sorpresa. Uso questa strategia quando vedo che l’interesse non si espande naturalmente, non apre nuove “porte” verso ulteriori interessi.
Aggiungo, allora, sullo scaffale dedicato all’esposizione, qualcosa di speciale, direi inusuale e lo lascio lì, in attesa che qualche “curioso” lo trovi. Prima o poi qualcuno lo scopre: la comunità si anima e intorno alla scoperta riprende il piacere della ricerca e dello scambio.
Vi racconto ora alcuni piccoli episodi in cui ho utilizzato questo tipo di rinforzo.
Le conchiglie
Era arrivata una bella conchiglia, parecchi bambini l’hanno guardata, rigirata nelle mani; ma poi… niente. I bambini non andavano oltre, non era scattato quello stimolo spontaneo che porta a creare collegamenti, a voler raccontare l’esperienza personale (anche io …), a cercare sui libri il nome, ad interrogarsi su dove si trovano le conchiglie, a trovare immagini di altre conchiglie, o ancora a disegnarle, …
Ho deciso che era il momento di introdurre l’elemento a sorpresa.
Allora ho messo, senza farmene accorgere, tre bellissime nuove conchiglie sullo scaffale e mi sono posta in attesa.
Le ha trovate Giancarlo, un bambino di 5 anni a cui non sfugge niente. Le guardava bene, ne toccava la superficie, ne esplorava l’interno, tentando di infilare un dito dentro.
Io guardavo da lontano, senza dare nell’occhio.
Giancarlo ha continuato a lungo la sua esplorazione prendendo una conchiglia alla volta e sfiorandola con i polpastrelli per percepirne la ruvidezza. Era un gesto molto simile al tocco del materiale liscio-ruvido e Giancarlo lo stava ripetendo con tanta attenzione e concentrazione.
Naturalmente la sua attenzione non poteva passare inosservata. Altri bambini si erano avvicinati e hanno incominciato a scambiarsi le conchiglie, a guardarle da tutte le parti, ad esplorarle con i polpastrello ripetendo il gesto di Giancarlo.
Il gruppetto era lì, intento ad esplorare, ma anche a domandarsi chi le avesse portate.
“Le ho portate io - ho risposto – perché voglio insegnarvi una magia”.
E, subito, ho preso in mano una conchiglia dal dorso e ho incominciato a ruotare il braccio.
I bambini mi guardavano, stupiti e silenziosi.
Poi ho portato la conchiglia all’orecchio e … si sente il rumore del mare.
Gli occhi brillavano, non serviva altro.
A turno, in grande silenzio (senza che io lo avessi chiesto), ognuno ha voluto provare. Chi non aveva la conchiglia in mano era intento a scrutare nel viso del compagno il momento della magia: infatti, appariva sempre un sorriso come segnale del suono percepito.
Intanto il gruppo di “curiosi” si era infoltito. L’interesse per le conchiglie era partito e devo dire è vivo ancora adesso.
Sono arrivate nuove conchiglie e con loro il racconto delle proprie esperienze personali. C’è chi continua ad “osservare” le conchiglie, ad esplorarle sensorialmente e ad ascoltarne il rumore del mare. Altri ricercano i nomi nei libri, della biblioteca del tavolo della natura (vedi l’organizzazione). Altri ancora continuano a cercare conchiglie sui libri (abbiamo anche una enciclopedia) richiamando l’attenzione dei compagni su qualche forma particolare: “Guarda questa, e questa, …..”. E’ nata anche una raccolta di disegni di conchiglie che stiamo organizzando in libretti.
Una collega mi ha regalato delle belle immagini di conchiglie trovate in un calendario. Sono dipinte con la tecnica dell’acquarello e ora sto organizzando una nomenclatura che permetta di abbinare le immagini a vere conchiglie, che sto cercando (al mercato; in negozi; da qualche amico appassionato di mare – le vie della provvidenza sono infinite!)
L’interesse per ora ci ha portato fino qui, chissà cosa altro può nascere…
La zucca
Andrea aveva visto a casa tagliare la zucca per fare il risotto e aveva notato che aveva dei grossi semi. Di sua iniziativa li ha portati a scuola e li ha messi nel barattolo dedicato alla raccolta dei semi.
Ero contenta che Andrea fosse riuscito a collegare il vissuto di casa con quello della scuola, già questo era per me un grande successo.
Avevo notato però che era un periodo “di stanca”. I bambini portavano il materiale, lo sistemavano sul tavolo con soddisfazione, ma poi non andavano oltre.
L’iniziativa di Andrea mi ha ispirato l’idea di portare la parte interna di una zucca luffa (chiamata anche zucca-spugna per la sua particolare struttura) perché ero sicura che avrebbe molto incuriosito i bambini. Per rendere la cosa più misteriosa ho curato che non si vedessero i semi.
Quindi zitta, zitta l'ho messa sul ripiano della mensola dedicato alla raccolta e l’ho lasciata lì aspettando che qualche “curioso” la scoprisse.
Dopo un po’ un bambino l'ha notata: “Ma questa cos'è?
Subito dopo altri bambini si sono avvicinati.
Io ascoltavo, senza parlare, le loro ipotesi.
Uno ha esclamato: “È una cosa che si fa in fabbrica”, un altro ha affermato “È una cosa che serve per dipingere, per dipingere i muri” (notando la somiglianza con il rullo del pittore); “Somiglia alla spugna che usa mia nonna per lavarsi!” ha aggiunto poi Matilde.
Dopo tante ipotesi i bambini mi hanno cominciato a guardarmi con aria interrogativa, cercando da me la risposta. Non ho soddisfatto subito la loro curiosità, ma li ho “stuzzicati” poggiando, senza parlare, la zucca-spugna su un tagliere e ne ho “affettato” un pezzetto in modo che si potessero vedere i semi all'interno. I bambini, ormai esperti nella raccolta dei semi, li hanno riconosciuti immediatamente, con grande soddisfazione.
L’ipotesi di un oggetto realizzato dall'uomo è quindi decaduta da sola: “Se ha i semi non è stata fatta in fabbrica, viene dalla natura!” Ha concluso saggiamente Elia.
I pareri sembravano esauriti e l’attesa era tutta rivolta verso di me, per una conferma: “Certo, viene dalla natura. È la parte interna di una zucca e questi sono i suoi semi”.
Ma non è finita qui: a qualcuno è venuto in mente di piantare dei semi in un vasetto per vedere se sarebbero nate delle nuove piantine. Io, a mia volta, ricollegandomi all'esperienza della nonna di Matilde, ho suggerito di provare a usarla per lavare la bambola.
La saponaria
Un altro esempio di un elemento sorpresa sono stati i semi della saponaria.
Non conoscevo questa pianta e l’ho scoperta per caso in un negozio che teneva in esposizione un sacco di iuta pieno di strane palline che sembravano essere di legno, ma una diversa dall’altra.
Dopo aver chiesto spiegazioni alla commessa, ho preso che si trattava invece dei semi della saponaria, pianta così chiamata per le proprietà detergenti dei suoi semi che ancora oggi si possono usare per lavarsi e per fare il bucato anche in lavatrice.
Ho pensato subito: sarà una novità anche per i bambini. Non so voi, ma io quando giro sono sempre alla ricerca di idee e di oggetti particolari per la mia classe.
Ho cercato un contenitore adeguato. Ho trovato una scatolina perfetta: in legno e suddivisa in piccoli scomparti come un portagioie.
Questa sistemazione dava un messaggio di importanza e permetteva di sistemare i semi in modo ordinato, non ammucchiati alla rinfusa. La scatola aveva inoltre un meccanismo di apertura inusuale che richiedeva una certa osservazione e costringeva ad aguzzare l'ingegno.
Nella mia esperienza ho spesso notato quanto sia importante offrire ai bambini oggetti inusuali o particolarmente belli.
Ho inserito ordinatamente 14 semi e ho poggiato la scatolina sullo scaffale.
Poi ho atteso che il solito curioso venisse a chiedermi spiegazioni in merito ed ero pronta a condividere con loro quanto mi aveva detto la commessa, sicura che sarebbero rimasti incantati scoprendo che esisteva anche un sapone naturale oltre ad una spugna fatta con la zucca.
Si è creata invece una situazione del tutto inaspettata: scoperta la scatola, un bambino ha preso fra le dita un seme e, dopo averlo esaminato con la lente di ingrandimento, ha pensato di scuoterlo e ha scoperto che dal suo interno proveniva un suono, così l'ha portato all'orecchio come se fosse un cilindro della scatola dei rumori (è questo un materiale sensoriale montessoriano).
Una novità così inattesa ha richiamato all'istante tutti gli altri bambini, che hanno iniziato a “suonare” i semi. Silvia, che è una bambina molto attenta, ha avuto l'idea di prendere un seme per ciascuna mano e ha iniziato a scuoterli per confrontare i suoni, esclamando: Maestra, maestra questi due hanno suoni uguali!
Mi è stato poi chiesto cosa fossero e come si chiamassero; devo confessare che, presa dall'entusiasmo, non ho resistito ed ho risposto immediatamente raccontando anche a cosa potevano servire. Ma l’interesse aveva preso un’altra strada: subito hanno dato il via, di loro iniziativa, all’attività di seriazione dei semi, scegliendo di suddividerli non in base alla loro forma, ma in base al tipo di suono che producevano.
Questa attività, nata spontaneamente, ha coinvolto tutti intensamente e si è rivelata molto più interessante di quello che avevo immaginato. Intorno al tavolo della natura, ancora una volta, i bambini hanno dimostrato autonome capacità di osservazione e di ricerca.
Le foglie di tabacco
Una delle attività più comuni legate al tavolo della natura consiste nel portare a scuola le foglie trovate in giro per esaminarle. Oltre a quelle che normalmente raccolgono i bambini, ho deciso di introdurne una foglia molto particolare per la sua forma stretta e lunga e la superficie vellutata: la foglia del tabacco.
Ne ho portate due, una grande e molto lunga e una più piccolina, le ho poggiante, prima che arrivassero i bambini, su un ripiano ben distese.
Il “curioso” che l'ha scoperta, dopo averla toccata ha esclamato: “Assomiglia allo straccio con cui papà lava la macchina”. Un altro ha confermato: “Si, si. Anche mia papà usa la pelle di asino” confondendola con la pelle di daino che si usa normalmente.
Rispondendo alle loro richieste ho spiegato che si trattava della foglia del tabacco, scatenando la reazione di
Ludovica che ha affermato risoluta: “Ma fa male fumare, la mia mamma quando fuma puzza.”
Dato il sospetto con cui è stata guardata la foglia dopo questa dichiarazione, ho preferito metterla in una cornice e farne un quadretto per abbellire la classe.
Non tutte le ciambelle riescono con il buco!
In conclusione, riassumo in forma schematica ciò che rende prezioso l’elemento a sorpresa:
permette di vivere la classe come uno spazio da scoprire;
invita alla passeggiata con gli occhi per cercare le “novità”
sviluppa la partecipazione e la complicità
porta ad una osservazione sempre più attenta
abitua a porsi interrogativi e a cercare delle risposte.
Conclusioni
Creare l’atmosfera per sostenere e sviluppare l’interesse è molto importante, soprattutto perché, almeno inizialmente, i bambini guardano e hanno subito l'impressione di aver visto tutto.
E’ difficile, nei primi approcci, che si fermino sui particolari o che facciano dei confronti minuziosi.
La funzione principale del tavolo della natura è sicuramente quella di educare gradualmente alla capacità di osservare, di soffermarsi sui particolari e di scoprirne sempre di nuovi.
Spesso crediamo che siano le novità a suscitare interesse. Ma non tutto ciò che è nuovo viene visto veramente; non è tanto la novità in sé a guidare lo sguardo, quanto la curiosità che nasce dall’abitudine all’osservazione e dal piacere di condividere ciò che si è visto con gli altri.
L’elemento a sorpresa lavora proprio in questo senso: non tutto deve essere “schiacciato” dal protagonismo o dalla presentazione dell’adulto.
E’ fondamentale che i bambini trovino da soli gli elementi sorprendenti avendo la sensazione di averli scoperti in prima persona perché questo costituisce la chiave che permette di affinare la loro capacità di cogliere ciò che avviene intorno a sé.